La digital transformation che sta investendo tutto il mondo, dal business ai rapporti personali, dalle abitudini di consumo a quelle lavorative, ha fornito ai venditori la possibilità di chiudere prima e meglio, allineandosi con gli acquirenti come mai era successo prima.
Una storia commerciale
Era la mio terzo demo del giorno e mi sentivo pieno di energia.
Ho messo in fila tutto un programma di chiamate per discutere di un software - che oggi non ricordo più cosa facesse per le aziende - con una lunga lista di lead promettenti, per lo più manager e proprietari aziendali.
Le prime due chiamate sono andate bene, sono state incoraggianti ed energizzanti: entrambe i prospect sembravano apprezzare il prodotto e mi hanno chiesto di mandare loro una quotazione. Ora che mi ero riscaldato, era giunto il momento per il mio pesce più grosso della giornata, una telefonata con un direttore generale di una grossa azienda B2B, che chiameremo Marco.
Nei primi 30 secondi della telefonata, tutto il mia entusiasmo, si è sgonfiato.
Desideroso di iniziare, mi sono tuffato nella presentazione, un terreno di gioco che conoscevo bene.
Volevo sfruttare il tempo a disposizione il meglio possibile, ovviamente, ma lui rispondeva in modo freddo, sembrava persino un po' agitato. Mentre continuavo, mi interruppe e mi chiese da quanto tempo lavoravo nelle vendite. Ho dato un'occhiata all'orologio e, realizzando che ci mancavano solo 18 minuti, ho risposto rapidamente, “da troppo tempo”
Ho provato a tornare in carreggiata con il discorso, ma ancora una volta mi ha fermato per fare domande che non avevano nulla a che fare con il prodotto.
È stato davvero frustrante quella volta; mi sono sentito demoralizzato e sotto pressione perché non riuscivo a coprire tutti gli argomenti del mio script prima della fine dell’appuntamento.
Quando sono arrivato ai prezzi, sembrava sorpreso, come se ne avessi parlato troppo presto.
Gli ho chiesto quindi cosa pensava dei servizi che gli avevo presentato e lui ha esitato un po’ a rispondere.
Poi gli ho chiesto come pensava si sarebbe potuto continuare, affinché la sua azienda acquistasse il software e un progetto di implementazione e, mentre non rispondeva direttamente alla domanda, ha fatto una lunga descrizione del processo di acquisto interno all'azienda, che coinvolgeva il reparto IT, il proprietario, il direttore commerciale e alcuni distributori internazionali particolarmente influenti… Mi ha spiegato che tutti loro avrebbero avuto bisogno di una demo e di essere allineati.
Per me era un segnale chiaro di quanto non fossero molto interessati ed era davvero improbabile che si sarebbe potuto andare avanti.
Era chiaro che questa chiamata non andava bene.
L'unicità del rapporto venditore-cliente
Perché ogni telefonata e riunione è così unica?
Sebbene tu possa aver presentato la stessa idea o spiegato lo stesso prodotto centinaia di volte, ogni pubblico può percepire la tua presentazione in modo diverso. Senza uno sforzo di adattamento, è facile presentare la nostra idea o presentare un prodotto in un modo che per noi è familiare e ci piace.
Il problema principale è che, con un'impostazione predefinita, trascuriamo di considerare in che modo gli altri useranno il nostro prodotto o come la nostra idea potrebbe adattarsi al contesto, trascuriamo le differenti personalità dei nostri interlocutori, non consideriamo la scala di valori differenti che potrebbero interpretare il nostro stile di comunicazione.
Come possiamo farci ascoltare con tutto il rumore attorno alle persone ed essere rilevanti?
Tutti noi, quando ci relazioniamo con gli altri, tendiamo ad assumere una prospettiva che semplifica i rapporti, ovvero idealizziamo un modello comportamentale che porterebbe tutti gli altri a comunicare nello stesso modo in cui lo facciamo noi.
Psicologia, neuroscienze e esperienze del mondo reale ci insegnano, invece, che questo non potrebbe essere più lontano dalla verità.
Le persone hanno background, sentimenti, pensieri, comportamenti e preferenze di comunicazione molto diversi, rendendo quasi impossibile comunicare in modo efficace con qualcuno senza tenere conto del loro stile di comunicazione preferito, senza pensare a chi abbiamo di fronte.
Piuttosto che affrontare in modo ignorante qualcuno nel modo in cui noi vogliamo, dobbiamo imparare a comunicare nel modo in cui loro vogliono.
In sintesi, dobbiamo imparare ad essere empatici.
Ma, per comunicare in modo empatico, dobbiamo prima capire la personalità e lo stile comunicativo della persona che abbiamo dall'altra parte.
Capire la personalità
Storicamente, l'unico modo in cui ognuno di noi è in grado di comprendere appieno la personalità di qualcuno è conoscendolo veramente bene; questo però richiede molto tempo e una buona dose di intelligenza emotiva, a meno che non ai vogliano accelerare tempi facendolo sottoporre ad un test della personalità, procedura assai difficile con con un potenziale cliente.
Il vero problema è che noi, che ci occupiamo di commerciale, stiamo spesso cercando di connetterci con nuove persone con le quali non abbiamo mai parlato prima.
Come possiamo risolvere la questione e riuscire ad avere conversazioni, dimostrazioni, appuntamenti e rapporti che possono essere forieri di relazioni commerciali fruttuose, riuscendo a superare le barriere di ingresso ed entrando in empatia con le persone?
Tecnologia e metodo ci danno una mano.
Avete presente cosa fa Google?
Google ci regala un sacco di cose gratuitamente. Alcune, come la ricerca tramite frasi per trovare i siti e le pagine che trattano gli argomenti che ci interessano, oppure la possibilità di guardare dei video su YouTube, sono davvero gratuite.
Altre sono "a pagamento".
Di cosa sto parlando?
Parlo di Gmail, Google Calendar, Google Documents, Android, il caricamento dei video... per utilizzare tutti questi servizi il pagamento è IL DATO. Per poter utilizzarli dobbiamo compilare un form con nome - cognome - email. Alcuni ci chiedono altri dati aggiuntivi. Quando paghiamo con le nostre informazioni personali siamo coscienti che verranno utilizzate in qualche modo per scopi di marketing e di sales, ma il valore di quello che Google ci offre vale la candela. Quindi non ci facciamo problemi a dare a Google i nostri dati.
Questo è il metodo, poi c'è la tecnologia.
La tecnologia sono i cookie.
I cookie sono quelli che permettono a Google, una volta che una persona ha scritto il nome, il cognome e l'email su un form, di tracciare il comportamento successivo di quella persona su un sito (quindi, banalmente, Google sa chi è è persona che fa ricerche, quali ricerche e quali risultati clicca).
Proviamo a portare questo processo all'interno di un'azienda di piccole, medie o grandi dimensioni che non è - ancora - un'azienda che ha abbracciato l'economia del dato e dell'informazione, che non ha abbracciato la digital transformation.
Anche qui è questione di metodo e di tecnologia.
Il metodo è simile a quello che fa Google: attiro potenziali clienti sul mio sito offrendo loro contenuti, strumenti o altro materiale che per loro è di valore. Un po' come la possibilità di cercare in che sito si trovano le cose che ti interessano se il tuo cliente è il navigatore del web, l'azienda fornirà "cose" utili e di valore ai suoi potenziali clienti.
Saranno queste offerte ad attirarli sul sito, questi contenuti di valore, alcuni completamente gratuiti, altri "a pagamento", ovvero accessibili solo compilando una form.
Il caso scuola più semplice, il nostro
L'azienda che produce contenuti del blog che parlano di argomenti interessanti per i propri potenziali clienti.
Gli articoli del blog si posizionano su Google e vengono trovati da navigatori alla ricerca di soluzioni, nell'ambito di business dove quella azienda eroga il suo prodotto o servizio. Oppure attirano gli utenti dai social, visto che vengono condivisi anche sui canali social network più allineati ai contenuti proposti. O, infine, arrivano visitatori al post del blog dalla newsletter aziendale che distribuisce contenuti ai clienti, prospect, lead o iscritti al blog.
Un po' come questo post del blog di Ict(digitalthink): se lo state leggendo siete arrivati da Google, da Facebook, da Linkedin o da una newslewtter.
Una volta che l'utente è stato attratto dal post del blog, lo ha letto e - magari - lo ha trovato interessante, gli si propone di fare qualcosa in più, scaricare un ebook, partecipare ad un evento, vedere un webinar, una consulenza gratuita...
Non si inventa nulla: è quello che fa anche Google quando, dopo essersi fatto conoscere per la ricerca, ti offre Gmail, Calendar, Android etc...in cambio della compilazione di un form per accedere al servizio.
Si fa con quella che tecnicamente viene definita una "Call-to-Action" (CtA), una chiamata all'azione, che, invero, dovrebbe essere allineata al contenuto del blog che la ospita; ovvero se una persona ha trovato interessante il post del blog potrebbe essere interessata ad "approfondire" cliccando sulla CTA. Esattamente come quella che trovate in questo post del blog.
La CtA fa il suo dovere reindirizzando i navigatori che la cliccano su una landing page, una pagina di atterraggio dove si trova il form per accedere a quell'offerta specifica.
Il resto è magia della tecnologia: chi compila il form viene tracciato dai cookie.
In questa maniera sappiamo che pagine del blog ha letto (se ogni post parla di un argomento, sappiamo quali sono i suoi argomenti preferiti), che problemi ha (se ogni post parla di soluzioni a problemi, sappiamo cosa lo sta muovendo nella sua ricerca), che CtA clicca e quali form compila.
Insomma, cominciamo a conoscere la persona e a capire, in base ai contenuti di cui fruisce, in che punto del tunnel di acquisto si trova.
Ecco come possiamo cambiare il modo di intrattenere le conversazioni con i nostri prospect: segmentandoli e profilandoli PRIMA grazie al loro comportamento e alle loro interazioni con i contenuti - di qualunque generare siano.
Obiettivo empatia e relazioni
Conoscere i problemi e le motivazioni che potrebbero portare le persone ad acquistare il nostro prodotto o servizio, capire come questo potrebbe aiutarli a raggiungere gli obiettivi personali o di business, capire il momento esatto in cui lo stanno facendo, è quello che ogni venditore deve avere nel suo bagaglio, per non andare allo sbaraglio.
Stiamo però anche alzando il tiro: è vero che stiamo parlando di produrre contenuti per attirare i prospect verso il nostro sito, per convertirli in lead e per segmentarli in base ad interessi, opportunità e problemi. Ma facendo questo li stiamo aiutando, non ci stiamo ponendo, all'interno della dinamica del rapporto, come meri venditori senza cuore e senza anima, unicamente interessati al fatturato: aiutando le persone stiamo costruendo fiducia ed autorità e questo, alla fine, aiuta a creare una relazione di fiducia che anticipa ogni argomento commerciale.
Non è un argomento che si esaurisce qui e abbiamo messo sul piatto cose molto grosse: la digital transformation, Google, migliorare il rapporto con i potenziali clienti... Ma è un incipit di qualcosa.
Perché questo post del blog?
Per spiegare a mia mamma cosa faccio, forse.
E, spiegandolo a mia mamma, spiegarlo a tutti.
La metodologia di cui vi ho parlato si chiama INBOUND (e tocca ogni aspetto del rapporto con il cliente, il marketing, sales & service). La tecnologia è HUBSPOT e serve per armonizzare e gestire tutto il processo che allinea comunicazione e vendite.
L'unione tra metodologia inbound e il modo di fare dei commerciali dà vita alla figura dell'inbound sales.
Costruire progetti che implementano l'utilizzo di questa metodologia e di questa tecnologia all'interno delle aziende è quello che facciamo.
Hai capito mamma?
Condividi il post
Alcune informazioni sull'autore
Giovanni Fracasso
COO e CMO @ICT Sviluppo