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Attribution modelling: scopri da dove vengono i clic dei clienti

28 ottobre 2021

| Redazione |
8 minuti per leggere
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Ogni azienda deve provare a raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo, ottimizzando le risorse a disposizione per massimizzare le campagne di marketing ed il ROI, ossia il ritorno sull’investimento fatto. Per perseguire questo obiettivo diventa di fondamentale importanza analizzare e sviscerare il cosiddetto “customer journey”, vale a dire il viaggio del consumatore.

L’esperienza d’acquisto del cliente viene infatti considerata come un viaggio, che parte da molto lontano e non si esaurisce certo con la singola vendita. Si inizia con la ricerca del proprio target di pubblico tramite azioni mirate, si prosegue con l’approccio al consumatore e la sua conversione e con il servizio post-vendita.

Devi riuscire a ricostruire l’intero percorso del cliente, focalizzandoti sul canale che ha fornito le prestazioni migliori in base al tuo target di pubblico. Come farlo? Con l’attribution modelling, cioè un sistema che ti aiuta a capire da dove provengono i tuoi clic e quali canali contribuiscono maggiormente a convertire un utente in cliente.

Per definire quali sono i touchpoint del viaggio dell’utente che hanno un valore maggiore, e quindi un peso decisivo nell’acquisto finale, puoi avvalerti dei modelli di attribuzione. Scopriamo quali sono, i pregi e i difetti.

Prima di analizzare quali sono i vari modelli di attribuzione di marketing, soffermiamoci su di loro per capire cosa sono e come funzionano. I modelli di attribuzione possono essere considerati come una serie di regole che determinano a quale canale va assegnato il merito di una conversione.

Quando un cliente clicca su un annuncio presente su Google, è piuttosto facile attribuire il modello di attribuzione. La situazione diventa complessa quando l’utente ha effettuato un percorso più contorto, magari saltando da un canale all’altro a distanza di giorni o addirittura di settimane. I modelli di attribuzione aiutano a comprendere, durante il percorso dell’utente, quale canale ha inciso maggiormente sulla sua scelta finale.

Esistono tanti modelli che selezionano criteri diversi: si va dai modelli di attribuzione Google ADS ai modelli di attribuzione Google Analytics, che hanno funzionamenti piuttosto diversi. In Google ADS ad esempio le conversioni vengono attribuite al giorno del click; in Google Analytics invece le conversioni vengono attribuite direttamente al giorno della conversione. Questo è uno dei motivi per i quali i dati delle due piattaforme spesso non coincidono.

Durante il percorso puoi così individuare i “meriti” dei vari canali ai quali attribuire il giusto valore. Puoi quindi implementare ancora di più i canali che ti portano il maggior numero di clic, oppure rinforzare quelli più deboli per avere un approccio quanto più omnicanale possibile.

Tieni presente che i modelli di attribuzione, pur essendo approcci assolutamente validi e utili per il tuo business, non possono dirti tutto sui percorsi di conversione. Non tutti i fattori sono leggibili o interpretabili come il contenuto del messaggio o l’umore dell’utente nel corso delle varie interazioni. In tale ottica risulta molto importante sapere come calcolare il Customer Retention Rate, cioè la capacità di mantenere i clienti.

In questo processo può tornarti estremamente utile HubSpot che, grazie al suo ecosistema digitale completo, consente di migliorare le interazioni e le relazioni tra azienda e clienti, creando per loro un’esperienza coinvolgente e dinamica e migliorando il dialogo in ogni fase del viaggio del consumatore.

A questo punto non ci resta che concentrarci sui principali modelli di attribuzione che sono i seguenti:

  • Ultima interazione dell’utente;
  • Prima interazione;
  • Ultimo clic non diretto;
  • Ultimo clic su Google ADS;
  • Indice di attribuzione basato sulla posizione;
  • Attribuzione lineare;
  • Decadimento temporale.

Fermo restando che è possibile anche costruire e definire modelli di attribuzione personalizzati secondo il proprio business e i canali utilizzati, ognuno di essi ha delle sue particolari dinamiche. Analizziamo come funzionano, come interpretarli, quali sono i vantaggi e gli svantaggi.

Ultima interazione dell’utente

Il modello di attribuzione “Ultima interazione dell’utente” attribuisce l’intero merito, quindi il 100% del valore della conversione, all’ultimo canale con il quale l’utente ha interagito prima di essere convertito. In tal caso la lettura risulta piuttosto semplice e intuitiva. Proprio per questo motivo il modello si adatta perfettamente alle conversioni delle campagne pubblicitarie che prevedono un ciclo di vendita piuttosto breve.

Ne sono un esempio perfetto le vendite basate sull’effetto tempo o scarsità, dove l’utente acquista non tanto per una reale necessità ma per approfittare delle favorevoli condizioni di vendita, come il prezzo scontato. Il rischio è di ignorare altri fattori, come le interazioni precedenti. Tuttavia, proprio perché si tratta di vendite “a freddo”, è difficile ipotizzare che l’utente possa aver compiuto un percorso particolarmente articolato o strutturato.

Prima interazione

A differenza del precedente modello, la “Prima interazione” attribuisce l’intero valore della conversione al primo canale con il quale l’utente ha interagito. È un modello estremamente utile per quelle campagne che mirano a puntellare la notorietà del sito e quindi a misurare il livello di web reputation. Di fatto però ignora tutte le interazioni e i canali successivi, quindi rende complesso ottimizzare altre campagne di marketing.

Ultimo clic non diretto

Il modello “Ultimo clic non diretto” di fatto ignora tutto il traffico diretto e prende in considerazione solo l’ultimo canale con il quale l’utente ha interagito prima della conversione. Un modello simile viene utilizzato come impostazione predefinita da Google Analytics.

In questo modo vengono scartati i clienti già acquisiti, mentre risulta più facile individuare e quindi dare maggiore valore alle nuove acquisizioni. Anche in questo caso vengono però ignorate tutte le precedenti interazioni che l’utente può avere avuto con altri canali.

Ultimo clic su Google ADS

Il modello “Ultimo clic su Google ADS” attribuisce il valore della conversione al 100% a tutti gli annunci Google ADS, in particolare all’ultimo clic. Un sistema che risulta efficace per chi utilizza esclusivamente il canale di advertising di Google, sul quale vengono puntati tutti i riflettori per dare un giudizio su una campagna pubblicitaria.

Bisogna però tenere in considerazione un aspetto: nel caso in cui l’utente abbia cliccato su più annunci a pagamento, quindi usando più termini di ricerca, viene attribuito il merito solo all’ultimo clic prima della conversione, ignorando dunque le parole chiave usate in tutte le altre interazioni.

Indice di attribuzione basato sulla posizione

Il modello basato sulla posizione in pratica rappresenta un ibrido tra la prima e l’ultima interazione. Vengono attribuiti valori di conversione tanto alla prima quanto all’ultima interazione, per una percentuale dell’80% ciascuna. Il restante 20% è spalmato tra i touchpoint intermedi.

Il vantaggio è che vengono presi in considerazione tutti i canali con i quali l’utente ha interagito prima di essere convertito. Così facendo però si dà un valore minore ai canali intermedi, quindi il risultato finale potrebbe essere falsato o comunque non rispecchiare appieno il valore reale dei touchpoint.

Attribuzione lineare

Il modello “attribuzione lineare” è probabilmente quello più equilibrato, poiché attribuisce lo stesso valore a tutti i canali con i quali l’utente ha interagito. L’approccio risulta omnicanale, proprio perché vengono presi in considerazione tutti i canali per ricostruire in modo fedele il percorso del cliente.

Tuttavia seguendo questo modello può risultare complesso dare un peso specifico a tutti i touchpoint, poiché di fatto acquisiscono tutti lo stesso valore con il rischio di non dare informazioni troppo precise.

Decadimento temporale

Il modello “decadimento temporale” attribuisce un valore maggiore a quei canali più vicini temporalmente alla conversione dell’utente. Supponiamo che un acquirente abbia interagito una settimana prima con il sito aziendale e due giorni prima con la pagina Facebook di un brand precedentemente alla conversione. In tal caso viene dato maggiore valore alla pagina Facebook aziendale.

Se i canali di conversione a livello temporale sono sempre gli stessi, si ricavano dati e informazioni molto utili. Si tratta però di un modello eccessivamente incentrato solo sulla conversione, quindi c’è il rischio di sottovalutare tutti i passaggi effettuati dall’utente, soprattutto se si tratta di campagne di marketing lunghe e basate su più cicli.

I KPI marketing sono quegli indicatori che consentono di misurare il successo di un’iniziativa o una campagna pubblicitaria, dato dalla capacità di attrarre e acquisire clienti, dal loro livello di soddisfazione e dal numero di vendite effettuate o di iscrizioni ad un canale social.

I modelli appena elencati aiutano a capire quanto una campagna di marketing incida per l’acquisizione di nuovi clienti e quindi nel rafforzamento del brand dal punto di vista economico e d’immagine. In base ai risultati ottenuti è possibile ottimizzare le risorse e fare investimenti mirati e intelligenti per fidelizzare e conquistare quanti più clienti possibili.

Raccogliere e interpretare i dati relativi ai comportamenti d’acquisto dei clienti è la nuova sfida per ogni azienda, soprattutto per migliorare le conversioni e ottenere un eccellente ROI (Return on Investment).

I modelli di attribuzione rappresentano sicuramente un valido alleato per costruire in maniera metodica il percorso del cliente, ma devi capire qual è quello che meglio si sposa con il tuo business.

Il nostro ebook gratuito che ti spiega come ottimizzare la marketing automation per alimentare i contatti è sicuramente un ottimo punto di partenza per misurare le tue campagne, valutandone poi anche l’efficacia.

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