Tanto si è detto, in questi ultimi anni, sull’inbound marketing. Il marketing dell’attrazione, il marketing utile e che si ama, in contrapposizione all’outbound marketing, il marketing dell’interruzione e del fastidio.
L’inbound marketing si basa sul presupposto che ogni acquirente, B2B o B2C che sia, compie un buyer’s journey prima di capire cosa acquistare e a chi rivolgersi, che nasce generalmente da una necessità o una volontà di qualche tipo.
Compito di chi fa inbound marketing è quello di intercettare su web il prospect in questi momenti, per condurlo verso il proprio sito, offrirli qualcosa che per lui rappresenti un valore e cominciare, da lì, a costruire un rapporto di do ut des, dove la continua offerta di elementi di valore per il prospect, viene ricambiata con informazioni su di lui.
Cosa scarica, che pagine vede, a quali email è interessato e a quali no. E ovviamente, i dati che lui stesso ci da con i form sul sito.
L’idea è quella di continuare a nutrirlo, tenendoselo stretto, finché non sarà il momento di acquistare.
Ecco, detta velocemente e in modo sommario, l’inbound marketing è questo.
Ma fare inbound marketing, pensando che il team commerciale, quello dedicato alle vendite, sia diventato un inutile peso, è ingenuo.
Scriviamolo a chiare lettere:
l’inbound marketing non sostituisce il commerciale.
L’inbound marketing, senza il commerciale è, nella stragrande maggioranza dei casi, un coito interrotto. E’ un po’ come coltivare un albero di mele tutto l’anno e quando queste sono mature, mettersi sotto ad aspettare che cadano: possono salire altri sull’albero, possono essere mangiate dagli uccelli o rimanere là a marcire.
L’inbound marketing deve raccogliere le informazioni sui lead e capire quando il lead è nella fase finale del buyer’s journey, pronto per essere contattato dal reparto vendite. Alla fase dell’Inbound sales sta il compito di raccogliere i frutti maturi.
L’allineamento totale tra il marketing e le vendite è un presupposto indispensabile nel corretto flusso inbound.
La differenza tra il commerciale inbound e il commerciale tradizionale è che il commerciale inbound non fa telefonate a freddo, quando chiama un possibile cliente sa già molte cose su di lui ed aumenta le probabilità di chiusura.
Sa che in questo momento potrebbe essere interessato a quel prodotto.
Sa che potrebbe essere in fase di comparazione tra differenti tipologie di prodotto.
Sa se e quanto conosce l’azienda che lui rappresenta.
Sa dove lavora e di cosa si occupa.
Insomma… se il marketing ha fatto bene il suo lavoro, la sua richiesta di contatto alza di molto le probabilità di chiusura.
Il commerciale inbound è quello che sa che deve affiancare il cliente nella risoluzione dei suoi problemi, quello che non parla del suo prodotto ma delle necessità del cliente, quello che non vuole chiudere a tutti i costi ma che vuole essere un aiuto. Perché sa già che il suo interlocutore è in fase di valutazione. Lo ha scoperto il marketing.
E’ tempo di pensare ad una nuova generazione di marker e commerciali, che sappiano lavorare in sincronia, con uno scambio continuo di informazioni (anche il marketing deve abbeverarsi dalle informazioni sulle necessità, problemi e bisogni dei clienti dal commerciale), atte a servire al meglio il potenziale cliente e chiamarlo solo nel momento del bisogno. Prima che lui vada dal vostro concorrente.
Questo è la grande sfida dell’inbound, quella che, se correttamente seguita, permette di alzare il fatturato aziendale e le performance a doppia cifra.
Ovviamente (ma anche non così "ovviamente") bisogna dotarsi degli strumenti per procedere all'attività di commerciale inbound. Senza il software HubSpot, per segmantare, raccogliere informazioni e gestire le sollecitazioni con la marketing automation, è tutto più difficile. Quindi, scoprite così... e non potrete più farne a meno ;-)
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Alcune informazioni sull'autore
Giovanni Fracasso
COO e CMO @ICT Sviluppo